I MUSEI VATICANI – TERZA PARTE MUSEO PIO CLEMENTINO #virtualtour
Museo Pio Clementino, che prende il nome da due pontefici del XVIII secolo Clemente XIV Ganganelli e Pio VI Braschi, ha origine dalla collezione cinquecentesca di statuaria antica di papa Giulio II Della Rovere. Il Museo contiene tre grandi nuclei di opere d’arte antica: la statuaria e i ritratti, le opere legate al mondo funerario come sarcofagi e are, e i mosaici. Ospita al suo interno, in cornici uniche come il Cortile Ottagono, capolavori di grande fama quali l’Apoxyomenos, il Laocoonte, l’Apollo del Belvedere, il Torso del Belvedere, l’Antinoo Braschi.
Il nucleo originario delle collezioni pontificie di scultura classica risale al “Cortile delle Statue” (oggi Cortile Ottagono) di Papa Giulio II (1503-1513). Nella seconda metà del XVIII secolo, le collezioni pontificie vennero incrementate sia attraverso scavi nel territorio romano e laziale, sia attraverso acquisizioni da collezionisti o da antiquari. Per influsso del pensiero illuministico esse si trasformarono in un museo pubblico in senso moderno con il compito di tutelare le opere d’arte antica e di promuoverne lo studio e la conoscenza. Denominato Pio Clementino, il museo era costituito da sale di esposizione, ottenute adattando edifici preesistenti e costruendone di nuovi, sia all’interno, sia nelle adiacenze del rinascimentale Palazzetto del Belvedere di Innocenzo VIII. Qui trovarono posto sculture antiche, spesso ampiamente integrate dai restauratori dell’epoca. Le architetture neoclassiche furono realizzate sotto la direzione di Alessandro Dori, Michelangelo Simonetti, Giuseppe Camporese, e impreziosite dall’opera di un folto gruppo di pittori e decoratori.
Con il Trattato di Tolentino (1797) lo Stato della Chiesa fu costretto a cedere alla Francia di Napoleone i principali capolavori del Museo, che vennero infatti trasferiti a Parigi. Più tardi, a seguito del Congresso di Vienna (1815) e grazie all’impegno diplomatico di Antonio Canova, la maggior parte delle opere venne recuperata. (fonte: Museo Pio Clementino – Roma)
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